lunedì, ottobre 09, 2006

Ateo papista spiega Ratisbona ai colleghi islamici. Solo le donne capiscono

Chi ha letto il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona? Eppure molti illustri hanno sentenziato che il Papa è stato incauto e inopportuno. Mentre il mondo islamico è stato duramente critico. Ma i musulmani che vivono in Italia cosa hanno compreso della lezione di Ratzinger? Tento un esperimento. Nell'azienda dove sono impiegato, lavorano sei extracomunitari provenienti dal Marocco. Mi propongo di leggere il testo del Papa insieme a loro. Premesso che utilizzano come unica fonte d'informazione Al Jazeera, due dei miei interlocutori sono osservanti, intelligenti e si esprimono bene in italiano. Sul posto di lavoro sono affidabili e rigorosi. Gli altri quattro invece rispettano il ramadan ma vivono da occidentali. I due "integralisti" (Kamal e Ahmed) accettano subito la mia proposta. Gli altri quattro tentennano, adducono scuse e alla fine solo uno (Mustafa) accetta ma vuole incontrarsi con me senza gli altri due.
L'incontro con Kamal e Ahmed mi riserva subito una sorpresa. Io non sono un credente e perciò loro non mi stimano. Me lo dicono a chiare lettere. Quando spiego che non sono credente ma che «non posso non dirmi cristiano», si fanno diffidenti. Le parole di Benedetto XVI, che cerco di spiegare con calma, non vengono quasi prese in considerazione. Ripetono che l'islam è istanza divina, mentre il cristianesimo è proiezione terrena. Cerco di chiarire il concetto di "ragione", ma il loro precetto è "obbedienza". Punto. Neppure se messi sotto pressione riescono a condannare per intero il terrorismo. Non c'è dialogo tra noi. Con Mustafa, invece, l'incontro è molto più semplice. Lui è islamico, ma l'occidente lo ha contaminato per intero. Vive come la maggioranza dei ragazzi italiani. Si sente vittima e professa uno stato senza religione. Si sofferma sulla frase dell'imperatore bizantino e mi dice che un Papa non dovrebbe dire certe cose. Per lui il cristianesimo dovrebbe essere un'associazione umanitaria. Anche lui, però, svicola dalla condanna della jihad e del terrorismo.
Considero fallito il mio esperimento. Mentre rientro a casa passo davanti a un internet cafè dove si ritrovano spesso molti immigrati. Vedo Naima. Sino a qualche anno fa anche lei lavorava nella stessa azienda dove sono occupato anch'io. Ora vive in Piemonte e torna in zona solo per visitare una sorella. Naima è una donna incantevole. è molto socievole e mi chiede se finalmente sono riuscito a fare il giornalista. Le rispondo che la strada è ancora molto lunga. Mi dice di aver pazienza, anzi precisa: «Devi aver fede». Sorridendo le chiedo se in Allah o in Dio. Diventa seria e mi prega di non scherzare: «Ha ragione il vostro Papa. L'islam sarà pure una religione di pace, ma gli islamici non sono in grado di pensare. Aderiscono solo alla parola scritta nel libro. Non ragionano proprio. Basta osservare la condizione di noi donne. Esiste una violenza profonda, sotterranea, invisibile, che umilia e limita spaventosamente la nostra libertà. Non esiste nessun dialogo. C'è solo l'obbligo di rispettare la legge coranica. Io non capisco perché non difendete il vostro Papa. Ma se devo dirle io queste cose, vuole dire che c'è qualcosa che non funziona».
di Cavallari Fabio – TEMPI – 28-09-2006